Chi si aggira per le strade, in genere sterrate e poco popolate, a sud della vecchia strada statale 125, sulla sponda del lago Simbirizzi, non immagina di calpestare un suolo ricco di storia. Questa regione, in cui si alternano vigne, case coloniche e villette residenziali, sulle quali domina la chiesetta medioevale di Nostra Signora di Buoncammino, è uno dei quartieri della parrocchia di San Luca. Il nome “Simbirizzi” ha origini oscure, forse risalenti ad epoca preromana. E’ probabile che derivi dal termine sardo “su imbirizzi” che significa “luogo dove si raccolgono le piogge”, ma può essere anche messo in relazione con la parola “bintiritzu”, nome con il quale viene indicato in lingua sarda un tipo di ranuncolo.
Il lago Simbirizzi, prima prosciugato ed oggi trasformato in bacino artificiale di acqua dolce, era uno stagno salmastro naturale di origine antichissima, riempito dai numerosi ruscelli che scendevano dai monti circostanti. Il suo regime variava a seconda delle stagioni e, quando le acque in parte evaporavano, sulle rive si formava il sale che gli abitanti di Maracalagonis e Sinnai raccoglievano per i loro usi domestici. A testimonianza di ciò, nei pressi dello stagno c’è una strada campestre chiamata ancora “su mori de su sali” (il sentiero del sale), che era percorsa anche dai salinieri di Maracalagonis che si recavano al lavoro nelle saline di Quartu. Gli antichi scrittori sardi ricordano che nei pressi dello stagno di Simbirizzi, su una collinetta, era presente un villaggio della diocesi di Cagliari, chiamato “Simbilis”, che risulta abbandonato già alla fine del 1500 ed andato distrutto. Del villaggio è rimasta solo la chiesetta che verso il 1600 fu intitolata a Nostra Signora del Buoncammino perché proteggesse i viandanti, dato che in quei tempi le comunicazioni erano difficili e le strade malsicure.