Proseguiamo con la sintesi delle risposte emerse dai documenti ufficiali in riferimento al Sinodo conclusosi il 7 febbraio.La vita e la salute nell’attuale società sardaIl turismo - I migranti - I carceratiLa malattia e il dolore costituiscono per l’uomo un momento di prova. Il malato fa esperienza concreta del proprio limite e della propria caducità. Spesso l’infermità fisica è accompagnata anche da solitudine ed isolamento. Sul malato perciò grava la paura, l’onere fisico e psichico. La nostra comunità cristiana è chiamata a condividere evangelicamente questa esperienza di sofferenza attraverso la condivisione e il conforto. In modo particolare occorre testimoniare il significato che la malattia può avere nella vita dell’uomo. Negli ultimi tempi l’assistenza medica si sposta sempre più dall’ospedale al territorio. Perciò le nostre comunità sono chiamate a prendersi cura del malato “in casa”, anzi sono invitate a passare ad una pastorale “della salute”, perché il malato senta di aver vicino il Dio della vita, anche nei momenti di difficoltà. La diocesi intende munirsi di una valida struttura organizzativa che possa dare un contributo sulle varie questioni etiche e sociali. Nell’attuale società sarda affiora una sempre più marcata mancanza di fiducia nel futuro. Vaste aree del territorio sono preda di uno spopolamento inarrestabile. La Chiesa in questo contesto appare spesso come unica presenza istituzionale e come unico punto di aggregazione, depositaria di identità e tradizioni che altrimenti andrebbero perdute. Cresce il numero dei nuovi disoccupati, il comparto industriale è in caduta libera, nelle campagne si fatica a conseguire un reddito decente, aumenta il numero delle famiglie in stato di povertà relativa. Tale povertà è poi aggravata dagli aumentati casi di separazioni e divorzi che finiscono per avere pesanti contraccolpi economici, educativi e psicologici. Piaghe che vanno ad aggiungersi ad una dispersione scolastica già di per sé elevata e ad un sistema formativo pasticciato e sconnesso dal mondo del lavoro. Da non sottovalutare le devianze minorili, spesso legate al consumo di droghe e all’abuso di alcool. Da qui una sfida educativa che dovrebbe coinvolgere tutti, e mirata soprattutto al sostegno delle famiglie. Occorre evitare una iattura generazionale con i padri che hanno alimentato il valore dell’unità famigliare e i giovani che sentono sempre meno questo legame. La Chiesa di Cagliari ha la consapevolezza che il considerevole numero di turisti che durante l’estate viene nell’Isola per trascorrere il proprio tempo di vacanze, attratti dalla bellezza naturale del territorio, cerca anche un servizio religioso. Il tempo di vacanze può essere anche tempo di grazia sia per i singoli che per le famiglie. La Chiesa di Cagliari si impegna ad organizzare una adeguata pastorale del turismo perché alla tradizionale accoglienza che il popolo sardo offre ai turisti si unisca anche la proposta di occasioni di grazia, soprattutto nei luoghi a maggiore presenza turistica. Nella preparazione al sacerdozio si tenga presente che non pochi sacerdoti, durante alcuni mesi dell’anno, avranno nel loro territorio turisti di diverse nazioni e quindi di diverse lingue. La pastorale del turismo entra a far parte organica della pastorale diocesana e impegna la nostra Chiesa ad un’accoglienza adeguata di tutti coloro che arrivano in Sardegna per trasformare il tempo di riposo in tempo di grazia. In Sardegna la mancanza di un lavoro stabile ha spinto tanti giovani a lasciare la nostra isola per andare “in continente”. Tale fenomeno è tuttora in atto: molte famiglie soffrono per l’allontanamento dei figli e i paesi dell’interno si spopolano progressivamente. Occorrerà proseguire nell’attenzione concreta verso questi figli delle nostre terre, che contingenze spesso ineludibili sottopongono al rischio della perdita della fede. In questi ultimi anni si è verificato anche il movimento inverso: la povertà presente in varie parti del mondo, dal Sud africano all’Est europeo, ha spinto tanti a scappare dalla loro terra e cercare rifugio anche nella nostra isola, posta al centro del Mediterraneo. Non dobbiamo ignorarli ma accoglierli: la Chiesa è comunità fraterna e accogliente. L’accoglienza può e deve consistere nell’assistenza concreta in tutte quelle esigenze di diversa natura che spesso assillano e tolgono spazi per una vita pienamente umana, ricca di cultura e di spiritualità. Questi emigrati hanno anche bisogno di sentir parlare di Dio e soprattutto di toccare con mano il Suo Amore attraverso la nostra attenzione e l’abbraccio accogliente delle nostre comunità. Anche di strutture accoglienti occorrerà che la comunità cristiana si faccia promotrice, perché venga resa possibile la pacifica integrazione del ‘diverso’ nella nostra cultura e sia alla radice sconfitta ogni tentazione di razzismo. I suggerimenti e gli indirizzi della Chiesa universale in proposito ci saranno di guida e di sprone. Tra i nostri fratelli più disagiati ci sono i carcerati. Essi sono sempre stati oggetto delle premure della nostra Chiesa, in conformità all’insegnamento di Gesù: “Ero carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,36). Siamo particolarmente sensibili alle problematiche che ruotano attorno al mondo carcerario: sovraffollamento degli istituti, rieducazione dei detenuti, umanizzazione della pena, misure alternative alla detenzione. Anche la religione è uno degli elementi più importanti dell’attività di rieducazione. Pertanto continueremo, soprattutto attraverso l’opera di volontari, a stare a fianco di questi nostri fratelli che hanno bisogno di amore e compassione.(continua nel prossimo numero) Simona & Roberto
Sinodo della diocesi di Cagliari
Maggio 2010