Un'alra bella storia della nostra parrocchia

Maggio 2019

Non pensavo che avrei scritto, e neppure semplicemente parlato con qualcuno del mio contributo all’arrivo della statua della Santa Vergine nella nostra parrocchia. Perché fu un evento legato ad una di quelle vicissitudini della vita che lasciano tracce indelebili. Fino a quando, però, un sabato sera di qualche settimana fa, poco prima della messa, l’amico Beppe avvicinandosi mi chiese: <<Graziano, farebbe molto piacere ai nostri parrocchiani se ci raccontassi qualcosa,  sul nostro  giornalino, della statua  della  Madonna  che hai donato alla  parrocchia…>>. Allontanando del tutto l’atten-zione che ancora rivolgevo alle letture liturgiche, risposi d’istinto: <<Sicuro! Lo farò con molto piacere...>> Quale più gradita occasione, pensai, per rendere omaggio una volta di più all’icona delle mie intime preghiere. Così, nei pochi attimi ancora di attesa della celebrazione ho realizzato questa leggera cronistoria . L’estate di uno dei primi anni del 1990 aveva appena iniziato il suo corso. Durante un pellegrinaggio parrocchiale in Terra Santa, nella cripta della chiesa della Dormizione , dopo aver sostato in raccoglimento attorno alla statua di Maria sul letto di morte, il gruppo si avviava all’uscita. Raggiunto l’ultimo gradino della ripida scala di pietra, il ricordo di un antico impegno, irreprimibile mi tornò in mente, e senza avvedermene posai la mano sulla spalla di don Gianni. Era sul punto di voltarsi, quando già gli rivolgevo queste parole: <<Don Gianni, con Lucia abbiamo deciso di donare alla parrocchia una statua della Madonna col Bambino…>> Il sacerdote, procedendo all’indietro, raggiungeva l’aperto del cortile bruciante di sole ed  io, andandogli appresso, aggiunsi: <<ma…vorremmo che gli autori di questa iniziativa non comparissero… >> Il volto del parroco assunse l’abituale espressione che tanto apprezzavo, perché vi trovavo sempre qualcosa di nuovo nella sua lettura: esordiva con il linguaggio degli occhi, evolveva con un segno di gioia, contagiosa e rassicurante, e lasciava infine tutto lo spazio possibile alla semplicità del giovane missionario nel Kenya. Fu questa la sua risposta: una approvazione che un treno di parole di circostanza non avrebbe potuto superare in chiarezza e sincerità. La scultura lignea della Santa Vergine arrivò puntuale come una tratta. La chiesetta del Fortino fu il suo primo approdo, il luogo della liberazione dal gigantesco involto che l’aveva accompagnata e quindi di allestimento finale. Siamo a maggio, esattamente giovedì 3 e alle 19.00 ci fu la solenne benedizione del simulacro cui seguì la Santa Messa. Al termine della celebrazione iniziò, per la prima volta nella nostra parrocchia, la “Peregrinatio Mariae”, cioè il simulacro della nostra Mamma celeste portato a visitare le nostre famiglie ove ci si raduna per pregare tutti insieme. Al termine della Messa la statua fu portata in processione dal Fortino alla scuola della Sacra Famiglia. Da lì il 5 maggio raggiunse la prima casa, quella della famiglia Ullu, poi di casa in casa. Il 30 maggio concluse il suo viaggio presso la famiglia Pisano. Il giorno seguente fu solennemente accolta nella nostra parrocchia (allora ancora nella palestra). E là, per la prima volta, ho potuto cogliere ogni suo tratto distintivo che porto sempre con me. Da una delle finestre laterali della chiesa, filtrava la luce ancora dorata del mattino che andava a rifrangersi sulla scultura. Ne accresceva i caratteri fisici e i colori in altro modo irrilevanti. Seppure vagamente richiamava la scena dipinta da Caravaggio nella Vocazione di san Matteo dove l’immagine di Gesù, investita da un fascio di luce, mostra i suoi attributi divini magnificati grandemente. Nell’immagine della statua risaltava il vestito rosso della Santa Vergine, con le sue profonde pieghe sul petto create da un sottile risvolto che porta intorno al collo e con la fascia che le cinge la vita. Il mantello che le copre le braccia mescolava il suo azzurro naturale a tenui riflessi turchini, lasciando emergere il braccio destro che sostiene il Bambino in segno di preminenza rivolto al Figlio. Il Bambino, in fasce, nel suo volgere lo sguardo verso la Madre pareva cercarne il suo conforto. Ma, soprattutto entrambi, Madre e Figlio, mostravano traboccante l’estensione a tutti del loro abbraccio di grazia. La cerimonia di consacrazione fu un momento di intensa spiritualità per i numerosi fedeli presenti, reso più fievole solo dal formale annuncio di don Gianni, fatto di un sorriso pacato unito alle poche parole: <<Graziano e Lucia, ci hanno portato questo dono…>> << Come!...Ma!...Don Gianni!…>> furono le fulminee esclamazioni d’imbarazzo che si manifestarono nei nostri occhi. Ma l’impaccio non durò a lungo, poiché il “fanciullino” che continua a vagabondare nell’intimo di ognuno di noi, lo traspose presto nel suo più naturale riconoscimento. Fu  una gratificazione  immensa, pari solo  a  quella che avevo  ricevuto  da giovane studente da mia madre, vedova, mentre piangeva di gioia, in silenzio, dopo averle sussurrato all’orec-chio: <<Mamma, crasi mi depu laureai…>>

Graziano Sarritzu