Sotto l’altare di San Luca è custodita anche la reliquia di Sant’Ignazio da Laconi. I resti mortali di Sant’Ignazio da Laconi sono esposti alla venerazione dei fedeli in un’urna trasparente nella chiesa del Convento dei Frati Cappuccini, a Cagliari, sul colle di Buoncammino, dove il santo ha trascorso gli ultimi quarant’anni della sua vita e dove si è spento l’11 maggio 1781, in odore di santità, tanto che alla notizia della sua agonia accorrevano sul colle nobili, popolani, autorità, il viceré, uomini dotti e politici del tempo. Fu canonizzato il 21 ottobre 1951. Sant’Ignazio nacque a Laconi, in Sardegna, nel 1701, secondo di nove figli, da genitori di modesta condizione e fervidi credenti. Vincenzo, cosi era chiamato Sant’Ignazio in famiglia, dovette lavorare fin da piccolo nei campi e per lui non ci fu la possibilità di andare a scuola, così che rimase per tutta la sua vita analfabeta. Da bambino Vincenzo iniziava la sua giornata ascoltando la Messa e ricevendo Gesù nel suo cuore. Nel paese lo chiamavano “il santarello”. Tutti gli volevano un gran bene perché era obbediente e servizievole ed i suoi consigli si rivelavano sempre utili e preziosi come fossero doni piovuti dal Cielo. Quando Vincenzo non aveva ancora vent’anni si ammalò gravemente. Sul punto di morire pregò Dio che lo facesse guarire e promise di farsi frate francescano. Egli guarì e rinnovò la promessa quando, invocando San Francesco, evitò una pericolosa caduta dal cavallo imbizzarrito. Così, dopo la vendemmia del 1721, a vent’anni, Vincenzo Peis lasciò Laconi e si recò a Cagliari, nel Convento del Buoncammino, per essere accolto come Cappuccino laico. Inizialmente il Padre Provinciale dei Cappuccini non lo ritenne adatto alla dura regola francescana perché troppo gracile di salute, tuttavia fu ammesso al noviziato in prova e nel novembre del 1721 Vincenzo vestì il saio francescano, prese il nome di Fra Ignazio ed iniziò il noviziato nel convento di San Benedetto a Cagliari. Le giornate in questo luogo silenzioso, austero e spoglio, erano fatte di duro lavoro, di preghiera, di poche ore di sonno, di continui rimproveri e di correzioni. Una notte, mentre Vincenzo, allo stremo delle forze, saliva una scala portando una pesantissima brocca d’acqua, invocò la Madonna, guardando una Madonnina che era sistemata lì in una nicchia. La Vergine lo rincuorò e da allora i colloqui con Lei si ripeterono. Questa Madonnina si trova oggi nella Chiesa di Viale Fra Ignazio. Terminato il noviziato Fra Ignazio fu ammesso all’Ordine come Cappuccino laico, cioè non sacerdote, e fu inviato in vari conventi della Sardegna. Nel 1740 tornò definitivamente a Cagliari nel convento dei Frati Cappuccini sul colle di Buoncammino. Gli venne assegnato il compito di questuante: cercava elemosine per i frati del convento e per aiutare i più bisognosi. Per circa quarant’anni Fra Ignazio, vestito di un rozzo saio impolverato, con ai piedi i sandali tante volte ricuciti, la bisaccia sulle spalle, il bastone, il rosario tra le mani, percorreva faticosamente le vie di Cagliari, di casa in casa, nei quartieri di Castello e Stampace, con la testa china e gli occhi rivolti a terra. Al suo passaggio la gente si affacciava alla porta e, nel dargli l’elemosina, gli chiedeva consigli, preghiere, intercessioni. Il suo volto sereno, come per una gioia interiore, ispirava fiducia e confidenza. Visitava le bettole, le taverne e le case dei peccatori per portare anche lì una parola buona ed un ammonimento di virtù. Visitava i malati, confortava gli infelici. Aveva i doni della profezia e dei miracoli: guariva molti malati, restituiva la vista, l’udito e la parola. Fra Ignazio era sempre modesto e schivo; detestava le lodi nei suoi confronti ed attribuiva al Signore tutto ciò che compiva. La sua gioia più grande era assistere alla conversione dei peccatori e vederli compiere grandi opere di carità. Nonostante la salute malferma Fra Ignazio percorse ogni angolo di Cagliari, senza mai lamentarsi anche quando camminare era per lui faticoso e non mancavano coloro che lo deridevano e si burlavano di lui e dei suoi miracoli. Fino alla tarda età si sostentava solo per il dovere di vivere. Nessuno lo vedeva dormire: durante la notte si raccoglieva in preghiera ed andava in estasi, sollevandosi da terra fino all’altezza del tabernacolo. Era devotissimo alla Madonna ed amava ascoltare (poiché non sapeva leggere) la lettura dei Vangeli, soprattutto la Passione di Cristo. La sua cella, sempre aperta a tutti, era spoglia, poverissima, priva di ogni comodità. Prima di morire regalò il suo rosario, il bastone, la sacca ed i sandali. Fu il suo ultimo atto di carità e di amore per il prossimo.Elisabetta
San Luca … ma non “solo”!
Ottobre 2009