Fra Nicola nei miei ricordi
Non ricordo che giorno della settimana fosse, ma doveva essere uno ben preciso e sempre quello perché ogni volta la mia mamma diceva a me e a mia sorellina Bice, allora bambine di otto e tre anni, :“ Su su svelte, tra un po’ passa fra Nicola!”. Dopo esserci preparate come se dovessimo uscire per un avvenimento importante, Bice ed io ci affacciavamo alla finestra tenendo lo sguardo fisso verso la strada che da piazza Repubblica sale in direzione di via Pessina, dove allora abitavo. Più l’attesa era lunga, più la nostra gioia era grande e più forte il nostro grido: “ Eccolo, eccolo sta arrivando!”. Un uomo non molto alto nel suo saio marrone, avvolto, nei mesi più freddi, in una mantella anch’essa marrone, avanzava lentamente e a testa bassa e a ogni passo s’intravvedeva un lungo spago bianco. Di corsa uscivamo in strada e gli andavamo incontro e dopo averlo raggiunto, baciavamo con una leggera genuflessione lo spago bianco e mettevamo due bustine con delle monetine nella sua, per me, stranissima borsetta. Gesti di cui non capivamo a pieno il significato, ma che dovevano essere importanti perché la nostra mammina, con tanta serietà e dolcezza, ci aveva detto di fare. Orgogliose di aver compiuto il nostro dovere e con il cuore che ci batteva per l’emozione, tornavamo a casa e aspettavamo che “il Frate del silenzio” arrivasse nell’androne del nostro palazzo e si sedesse sugli scalini. Qui stava sempre a testa bassa e non diceva niente a chi passandogli accanto metteva qualcosa o tra le sue mani o nella borsetta. Dopo poco io con la mia sorellina, sempre tenuta per mano, ci riavvicinavamo, quasi con sacro timore, e gli offrivamo, molto timidamente, il consueto panino con la mortadella. Era quello un momento particolarmente emozionante perché se anche già prima c’eravamo avvicinate a lui, lo avevamo fatto in strada con tanta gente intorno, ora invece era tutto per noi, questo signore che la mia mamma diceva: ”E’un frate molto buono e prima o poi Santo”. Non capivo esattamente il significato profondo di Santo, ma molto buono a me sinceramente non sembrava: non mangiava mai il panino, ma lo prendeva, lo gettava nella borsetta e non mi diceva grazie, ma solo uno sguardo e un gesto con la mano. Per molto tempo non esternai questa mia delusione che riemergeva ogni volta perché ogni volta aspettavo con ansia che lo addentasse con gusto visto che la mia mamma usava una delicatezza particolare che non usava quando lo preparava per noi. Forse era proprio questa forma d’ingratitudine che mi irritava! Finché un giorno sbottai e le dissi: ”Ma basta, non prepararglielo più, intanto non lo gradisce e lo butta nella borsetta!”. Ricordo la sensazione di vergogna, di colpa e di pentimento che provai quando mamma mi spiegò che non mangiava il panino perché voleva portarlo ai suoi fratelli del convento che eranotanti, tutti molto poveri e che vivevano grazie a ciò che la gente offriva loro. Superato il mio disagio emotivo, immaginai tante bisacce che si svuotavano sul tavolo e tra tanta roba emergeva il mio panino con mortadella che finalmente veniva gustato!!! Poi cambiai casa e non vidi più fra Nicola e mi dimenticai di lui. Dopo moltissimi anni, ormai donna sposata e mamma, mentre mi aggiravo tra le tombe del cimitero di Bonaria, il mio sguardo fu attratto da una foto su una lapide…… FRA NICOLA! All’istante mi rividi bambina e tutti i particolari dei miei incontri con “il frate buono e sicuramente santo” riaffiorarono nitidi e vivi in ogni particolare. Non provavo più alcun “sacro timore”, era come se avessi rincontrato un mio grande e vecchio amico che finalmente mi sorrideva e mi parlava! Ora lo cerco spesso nelle mie preghiere e ogni volta che ho bisogno di grande forza. Quei bei ricordi riemergono ancora oggi e Lo rivedo in ogni frate che incontro, istintivamente cerco con lo sguardo lo spago bianco e mi piacerebbe offrirgli il panino con la mortadella.
Luciana Filippini