Si dice che la notte fra il 5 e il 6 gennaio, mentre tutti dormono, una vecchietta brutta e gobba, vestita di stracci, con un cappellaccio in testa, le ciabatte ai piedi, avvolta in un mantello, con un gran sacco stracolmo e pesante sulle spalle, voli nei cieli su una scopa. Si dice anche che questa vecchietta sia arcigna e severa ma di buon cuore, perché entra nelle case attraverso la cappa del camino e dal sacco lascia cadere nelle calze, che i bambini hanno appeso per l’occasione, doni e dolciumi se i bimbi sono stati buoni, cenere e carbone se sono stati capricciosi e disubbidienti. Tutti dicono di conoscere questa vecchietta, che chiamano Befana, in realtà nessuno l’ha mai vista e la sua vita è alquanto misteriosa. Le origini della Befana si perdono nella notte dei tempi. Già gli antichi Romani pensavano che misteriose figure femminili guidate da Diana, dea lunare legata alla vegetazione, volassero sui campi appena seminati per propiziare buoni raccolti. Si pensa che da queste figure femminili, attraverso varie personificazioni, nasca intorno al 1200 il personaggio della Befana, il cui culto ha forse le sue radici nelle regioni dell’Europa centrale, da dove si è subito trasferito nell’Italia nord orientale e poi in tutta la penisola. Si può perciò ipotizzare che nei tempi più antichi la figura della Befana fosse legata al mondo agricolo e rappresentasse la natura invernale vecchia e brutta perché ormai spoglia. Questo spiegherebbe perché, in certi paesi, esiste l’usanza di bruciare una figura di paglia a forma di vecchia, nella notte fra il 5 e il 6 gennaio, dopo che questa ha offerto ai presenti doni e dolciumi. Col tempo la figura della Befana ha assunto un significato diverso: essa è una specie di nonna buona che porta doni ai bambini, in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi. Perciò i bambini, come raccontano anche i nostri nonni, la sera del 5 gennaio appendono al camino, lasciano accanto all’albero di natale o davanti al presepe, una calza, sicuri di trovarla al mattino ben piena. Così fin dai tempi più antichi la tradizione pagana della Befana si è fusa con la tradizione cristiana: infatti il 6 gennaio la chiesa cattolica festeggia l’Epifania (che significa Manifestazione), giorno in cui i Magi giungono a Betlemme, guidati da una stella, per adorare Gesù Bambino e gli portano in dono oro, incenso e mirra. E’ perciò possibile che già dai tempi più antichi il termine Epifania sia stato storpiato in Befana. A legare la figura della Befana alla festa religiosa dell’Epifania ha pensato una diffusa leggenda popolare, presentata con alcune varianti, che racconta più o meno così: “I Magi, diretti a Betlemme per portare i doni a Gesù Bambino, attraversavano molti paesi ed in ogni luogo in cui passavano chiedevano indicazioni sulla via da seguire, invitando le persone ad unirsi a loro, per adorare il Re Bambino. Tutti accettavano l’invito di questi eleganti signori, che suscitavano curiosità ed ammirazione, ad eccezione di una vecchietta che, nonostante le insistenze, non volle uscire di casa. In seguito, pentitasi di non essere partita, la vecchina preparò un cesto di dolci e cercò di raggiungere i Magi, ma non li trovò. Perciò si fermava in ogni casa che trovava lungo il cammino e donava i dolciumi a tutti i bambini che incontrava, nella speranza che tra essi ci fosse il piccolo Gesù. Da allora la vecchina gira per il mondo, facendo regali a tutti i bambini buoni, per farsi perdonare di non aver voluto portare i doni a Gesù”. Oggi nel mondo, soprattutto nei paesi europei, la festa religiosa dell’Epifania e quella pagana della Befana convivono senza conflitti, con tradizioni diverse, ma sempre legate all’uso di ricevere o scambiarsi doni. Non risulta invece che nelle antiche tradizioni della Sardegna ci sia stato il culto della Befana. Nella tradizione sarda la solennità dell’Epifania è nota nell’isola solo con la denominazione de “is tres reis” ( i tre re).
Elisabetta