“Quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. Tu invece… Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. Tu invece… E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Tu invece…” (cfr. Mt 6,1-6.16-18). Apparenza e nascondimento. Carissimi Parrocchiani, sono queste le due possibili dimensioni della vita dell’uomo (e del cristiano), che la liturgia del mercoledì delle ceneri ci ha ricordato, introducendoci al tempo di grazia che è la Quaresima. L’apparenza, che potrebbe essere tradotta anche con un “mi hanno visto, dunque esisto”. E il nascondimento, il più importante tra “i segni particolari” indicati nella carta d’identità dei grandi santi, che hanno scritto e continuano a scrivere la storia della salvezza. L’apparenza del “che si parli bene o male di me poco importa, purché se ne parli”, e il nascondimento di chi anche davanti a opere “monumentali” di bene compiuto sente quasi la necessità di schermirsi con un semplice “perché tanta meraviglia? Ho fatto solo il mio dovere!”. Sì, la Quaresima è l’appello urgente all’essenzialità, diciamolo pure, alla sobrietà, per noi – noi società, noi Chiesa – che siamo continuamente tentati dalla sola ricerca del benessere materiale e del consumismo e di riporre nella salute o nell’efficienza fisica, nello sviluppo economico e tecnico tutta la nostra attesa e la nostra sicurezza. E se ci venisse a mancare tutto ciò, ammesso che già non ci manchi? Questo periodo di 40 giorni, che sono altrettanti passi o gradini verso la meta della Pasqua, è caratterizzato dunque dalle tre opere penitenziali (= di conversione a Dio), da compiersi sì comunitariamente, nel senso che riguardano tutta la comunità dei credenti, ma rigorosamente lontano dalla tentazione dell’ostentazione. E, cosa non certo meno impegnativa, queste “tre sorelle” amano andare insieme, sempre. San Pietro Crisologo, a questo proposito, afferma: “Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia”. Auguro a voi tutti un proficuo cammino e una buona Quaresima!
Don Paolo