Carissima comunità,
in questi giorni inizia l’Avvento, un nuovo anno liturgico, un nuovo itinerario. Sembra strano parlare di novità in questo tempo in cui tutto sembra essere monotono e ripetitivo: anzi, sembra quasi che la novità ci spaventi perché mette a rischio tutte le certezze che abbiamo nel cuore. Ci sembra difficile provare ad immaginare questo tempo di preparazione al Natale e il Natale stesso con tutte queste restrizioni. Spesso ci diciamo che l’abitudine non ci piace, ma in realtà siamo sempre molto abitudinari. E oggi queste abitudini della e nella nostra vita sembrano davvero essere compromesse. Perché non può essere il solito Avvento, il solito Natale. Ma, se saremo capaci di cogliere il vero senso della novità umana e spirituale, non possiamo lasciarci schiacciare da ciò che ci sta attorno. Siamo abituati a correre ancora di più in queste settimane: preparativi, acquisti, impegni…il mese di dicembre solitamente rischia di volare via tra la frenesia delle festività. Sapete dove può risiedere la novità? Nella piccolezza. Siamo talmente abituati a vedere le cose in grande e le grandi cose che non siamo più capaci di scorgere la piccolezza delle cose. Siamo abituati a fare grandi regali e grandi cenoni, ma non siamo più capaci di semplici gesti, parole e di intimi incontri e relazioni. La grandezza, seppur nella sua magnificenza e spettacolarità, a volte ci è comoda perché nasconde ciò che di più nascosto portiamo nel cuore. A Natale siamo tutti capaci di dire a voce, in un bigliettino, in un messaggio, tante parole belle come la semplice frase “ti voglio bene”. Ma nella quotidianità non ci riusciamo, quasi ci vergogniamo perché non ne troviamo il senso, la necessità. Eppure un grande regalo nasce da un piccolo sentimento che rimane custodito nel cuore. E non solo. Le grandi feste, le luci, i grandi numeri, alla fine ci stanno anche comodi, perché nascondono le nostre fragilità, le nostre paure. Chi si permetterebbe mai il giorno di Natale, con i familiari riuniti, annunciare e dire a tutti le proprie fatiche, le debolezze, una richiesta di aiuto? A volte ci nascondiamo dietro questi momenti e rimandiamo. Per noi cristiani dovrebbe essere tutto più facile, ma dobbiamo solo ripensare e ricordare la piccolezza del Cristo che si fa bambino: la magnificenza di Dio che si fa piccolezza nella creatura. E tutto ciò non sminuisce la bellezza e l’onnipotenza, ma la esalta. Nessuna musica, nessuna luce…una mangiatoia, nel silenzio e nell’intimità di sguardi pieni d’amore. Il Signore, ovviamente, non ci chiede di non fare festa! Ma questa festa ha senso solo se siamo capaci di piccolezza. Spesso aspettiamo il Natale per rafforzare la nostra fede e questo potrebbe anche andar bene…ma il Signore, nella piccolezza e nel silenzio, ci aspetta ogni giorno. Dobbiamo accorgerci. Queste settimane siano piene e ricche di piccolezze! Nella fede, in famiglia, a lavoro, con gli amici…quante coppie non riescono più a vivere insieme perché magari si sono immaginati una vita in grande, piena di sogni…e alla fine, si sono dimenticati di guardare alle cose più quotidiane: dacci ogni giorno i nostri occhi quotidiani! Saremo incapaci di sognare? Mai! Saremo capacissimi di sognare qualcosa di bello e di grande solo se nelle fondamenta c’è un qualcosa di piccolo e semplice. L’Avvento ci serve per recuperare questa essenza. Maria ci accompagnerà e la sua semplicità sarà per noi esempio di vita: il suo ascolto, il suo si, il suo andare da Elisabetta, il suo dare alla luce qualcosa di più grande di lei. E accanto a Maria, Giuseppe: il suo silenzio, la sua incapacità a comprendere, il suo affidamento ad una volontà difficile ma vera, il suo essere custode in povertà. Lasciamo che sia la parola della Scrittura ad illuminarci e accompagnarci…ripartiamo dalle cose più semplici senza troppe strutture: la lettura, la preghiera intesa come dialogo sincero, la carità più spontanea, uno sguardo a chi ci sta accanto. Tipica di questo tempo è la corona di Avvento. Nella nostra chiesa abbiamo scelto di rappresentarla attraverso un tronco: richiama il tronco di Iesse annunciato nell’Antico testamento. Quel tronco, quella radice, quell’inizio che nella sua semplice umanità avrebbe generato poi, nei secoli, il Signore della vita, Cristo. E in questa corona ci sono quattro candele per le corrispondenti Domeniche di Avvento: un cammino di luce che, col passare del tempo, prende vita. Ma, senza la prima candela, senza la sua prima esile luce, non ci sarà poi lo splendore di tutte le luci. Questo è Cristo: una grande luce che passa attraverso le piccole luci, come quelle che brillano negli occhi più piccoli di un bambino. Proviamo a ricercare questa piccolezza. Da quando? Da subito.
Donda