Percorrendo la provinciale per Villasimius, dopo circa 1,5 km dalla rotatoria del Margine Rosso, si svolta a sinistra verso via Marco Polo. Dopo circa 1,5 km proprio sull’incrocio con la strada per Sant’Isidoro – Pitz'e Serra si apre a destra una strada bianca che, percorsi pochi metri, costeggia lo stagno di San Forzorio, ormai asciutto. Svoltando a destra s’incontra, in territorio parrocchiale, la chiesetta di San Forzorio. Sorge in mezzo alla campagna, nei pressi della sponda nord dello stagno omonimo, eretta fra il 1280 ed il 1300. Sconosciuta alla maggior parte dei quartesi, è dedicata ad un santo sconosciuto, San Forzorio. Chiusa al culto da circa 50 anni, bisognosa di urgente restauro, sappiamo che verso la fine del 1500 era in stato di abbandono Restaurata più volte con donazioni dei fedeli, nel 1761 fu quasi interamente ricostruita con gli stessi materiali crollati. Nel 1793 la chiesetta romanica fu profanata dai francesi, sbarcati nella spiaggia del Margine Rosso. Durante la seconda guerra mondiale i Tedeschi la utilizzarono come fortino e, sgomberato dagli arredi trasportati altrove, sistemarono un cannoncino puntato verso il mare, da dove temevano uno sbarco degli Americani. Da tempi antichissimi e fino al 1925 si celebrava la festa de "is bagadius e de is sposusu storrausu" e da allora la chiesetta non è stata più utilizzata. Solo nel 1982 si celebrò una cerimonia religiosa ad opera di alcuni sacerdoti che trascorrevano le vacanze nella zona. E’ un edificio rettangolare piccolo e semplice, costruito con materiali trovati nelle vicinanze, ad opera di maestranze locali. La facciata, su cui si apre una piccola monofora, è costituita da blocchi di arenaria e calcare ed è sormontata da un piccolo campanile a vela. Gli stipiti e l’ architrave della piccola porta rettangolare provengono forse da una antica costruzione romana. Nella parte posteriore sporge una piccola abside. All’interno la chiesetta ha un’unica navatella rettangolare, coperta con volta a botte, chiusa da una piccola abside semicircolare sopra la quale si apre una finestrella a forma di croce. Nonostante vari rifacimenti la chiesetta conserva caratteri stilistici romanici. La statua lignea di San Forzorio, con tunica verde, mantello rosso e sandali ai piedi, porta sulla mano destra la palma, simbolo del martirio, e sulla sinistra un libro. Al collo ed ai polsi veste ornamenti in pizzo. É custodita dentro una teca, in vetro e struttura in legno intarsiato, fatta costruire nel 1924 dal padre dell’attuale proprietario dottor Perra. Nel 1793 la statua fu profanata dai soldati francesi sbarcati al Margine Rosso, i quali gli misero il berretto frigio e la coccarda tricolore. Non sappiamo chi fosse San Forzorio, chiamato anche San Frassorio, San Fortis, San Bertorio. In un documento del 1777 San Forzorio è indicato come “martire”, ma in realtà questo nome non compare nei “martirologi”, i libri in cui sono indicati i nomi dei santi martiri cristiani. Una delle ipotesi è che sia da identificarsi con San Lussorio, martire del III secolo molto venerato in Sardegna. San Forzorio era il protettore de "is sposusu storrausu", cioè i fidanzati che, dopo essersi scambiati davanti al sacerdote le promesse di matrimonio, si erano lasciati. Poiché la separazione avveniva solo per gravi motivi, i giovani, maschi e femmine, erano malvisti e non avevano che scarse possibilità di risposarsi. Così i giovani si riunivano in una specie di associazione e, ogni anno, celebravano la festa nella chiesetta di San Forzorio con gare di forza fisica. Il vincitore di queste gare doveva rovesciare un pesantissimo blocco di calcare su cui era scritto "si minci furriasa e' sa soti tua" (Se mi rovesci farai la tua fortuna). Le festa, a cui si associavano anche "is bagadius" (cioè i celibi), richiamava un grande numero di persone. Sarebbe opportuno restaurare la chiesa, che è piccola, di forma semplice ma graziosa, in modo da valorizzarla, sia per dar modo di studiare le caratteristiche delle chiese quartesi, sia per incentivare il turismo, ripristinando magari le feste legate alle antiche tradizioni.
I ragazzi della scuola media di Bellavista